Prolasso emorroidario, quando i cuscinetti vascolari del canale anale cedono

In breve

Prolasso emorroidario, cos’è e quando si verifica

 Le emorroidi sono strutture anatomiche che fisiologicamente fanno parte del canale anale e si presentano come cuscinetti vascolari (arterovenosi). Le emorroidi sono plessi vascolari contenenti fibre connettivali ed elementi di sostegno che contribuiscono: alla discriminazione del contenuto rettale, al mantenimento della continenza delle feci, dei gas e dei liquidi, all’evacuazione ed alla completa chiusura dell’ano.

Quando i meccanismi di sostegno delle emorroidi si alterano e si infiammano, cioè diventano sintomatiche si parla di malattia emorroidaria, volgarmente chiamata “emorroidi”. La malattia emorroidaria si manifesta quando le vene emorroidali, dilatandosi eccessivamente, perdono la capacità di rimanere nella loro sede naturale all’ interno del canale anale e prolassano al di fuori dell’ano, si parla infatti di PROLASSO EMORROIDARIO. Spesso il prolasso è dovuto a un deficit del tessuto connettivo (predisposizione genetica) oppure da un’infiammazione che causa edema e peso sui vasi emorroidari.

La formazione del prolasso è, inoltre, favorita da quelle condizioni che aumentano cronicamente la pressione endoaddominale quali:

  • stitichezza cronica;
  • emorroidi;
  • sforzi lavorativi e/o sportivi;
  • tosse cronica;
  • tumore del colon-retto o tumore dell’ano.

Come capire se ho il prolasso emorroidario

Il prolasso rettale può accompagnarsi a vari sintomi, che variano a seconda della sua gravità:

  • sanguinamento (sangue rosso vivo che sta a segnalare la perdita di sangue nel tratto del canale anale);
  • gonfiore (toccando si sente rigonfiamento e la presenza di tessuto “estraneo” al di fuori dall’ano);
  • perdite di muco (dovute ai cuscinetti prolassati al di fuori dell’ano);
  • prurito (spesso legato all’infiammazione);
  • dolore (sempre dovuto all’infiammazione. ma anche a possibili coaguli di sangue come nel caso delle emorroidi trombizzate);
  • fastidio anale.
prolasso emorroidario i sintomi

Quali tipologie di emorroidi possono provocare un prolasso emorroidario

Sia le emorroidi esterne che interne possono prolassare.

Nelle forme iniziali, l’apice del prolasso rimane all’ interno del retto; negli stadi più avanzati, l’apice del prolasso si impegna nel canale anale, potendo arrivare a protrudere ben oltre il margine esterno dell’ano.

Le “emorroidi interne”, trovandosi all’interno del retto, generalmente non provocano grossi disagi. Tuttavia, un eventuale sforzo durante la defecazione, può danneggiare la superficie causando sanguinamento ed essere alla base di uno scivolamento dei cuscinetti emorroidari verso l’esterno, generando quindi uno stato d’irritazione e dolore. In questo caso parliamo di Emorroidi Sporgenti o Prolasso del plesso emorroidario.

Le “emorroidi esterne” invece, sono posizionate sotto la pelle che si trova intorno all’ano. Quando sono irritate possono cagionare prurito o sanguinamento. Non è da escludere la creazione di un coagulo di sangue (trombo) con successivo gonfiore, infiammazione e dolore.

Riconoscere la sintomatologia: il prolasso emorroidario provoca dolore?   

La proctalgia (dolore anale) è uno dei sintomi maggiormente riscontrati in chi soffre della malattia emorroidaria con prolasso, soprattutto se a carico delle emorroidi esterne che sono più sensibili e agganciate a un pezzo di mucosa anale più sottile.

Nei casi in cui la malattia coinvolge le emorroidi interne, il dolore è meno presente e viene identificato più come un fastidio. Questo perché le emorroidi interne sono legate a un tessuto più spesso e meno sensibile.

Altri sintomi associati al prolasso sono:

  • ostruita defecazione: si manifesta con la stitichezza ed è provocata da un impedimento meccanico al passaggio delle feci dovuto alla presenza del prolasso;
  • incontinenza fecale: si manifesta negli stati più avanzati della malattia, quando il prolasso, protrudendo stabilmente attraverso il canale anale, impedisce alla muscolatura dell’apparato sfinteriale di contrarsi validamente. In questa situazione, viene a manifestarsi il “soiling” (perdita inavvertita di piccole quantità di muco/feci) e, nei casi più gravi, la perdita di vero e proprio materiale fecale.

Gli stadi di gravità del prolasso emorroidario e le possibili complicanze

La malattia emorroidaria viene classificata in base alla gravità del prolasso, vari stadi secondo la scala di Goligher, che descrivono lo stato di avanzamento della patologia:

  • I grado: emorroidi non dolorose all’interno del canale anale, con una modesta congestione venosa, a tratti sanguinanti (sangue in tracce sulla carta igienica o sugli slip) ma non prolassate;
  • II grado: emorroidi non dolorose, con tracce di sanguinamento e caratterizzate dalla presenza di prolasso muco-emorroidario sotto sforzo che si riduce spontaneamente alla fine dell’atto defecatorio; 
  • III grado: presenza di prolasso emorroidario sotto sforzo che regredisce spontaneamente. Le emorroidi non diminuiscono in volume, anche quando non c’è più lo sforzo per la defecazione, si rende necessaria la riduzione manuale da parte del paziente;
  • IV grado: le emorroidi prolassano in modo stabile, cioè si trovano costantemente fuori dal canale anale e non solo durante lo sforzo per l’evacuazione. Nel caso vengano ridotte in modo manuale, si ripresentano subito dopo, anche senza compiere sforzi.

La complicanza più frequente delle emorroidi con prolasso è la trombosi.

La trombosi del prolasso si verifica quando la fuoriuscita delle emorroidi dal margine anale subisce, da parte dello sfintere anale, sollecitazioni meccaniche con congestione, edema e trombosi del prolasso, che diventa voluminoso, dolente e irriducibile. L’edema e la congestione anale conseguente al prolasso determinano le modificazioni di volume del prolasso, tale da impedirne il rientro.

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I diversi tipi di trattamento del prolasso emorroidario

Il prolasso rettale può essere curato dal punto di vista conservativo o chirurgico, a seconda della sua gravità, dell’età del paziente, dal suo sesso e dal suo stato di salute in generale.

  • Il trattamento conservativo viene adottato quando il prolasso è nelle sue fasi iniziali ed è basato sul controllo dell’alimentazione, con adozione di una dieta ricca di fibre e il consumo di molta acqua, con l’assunzione di lassativi e con le terapie mediche sistemiche e locali;

Nel caso del trattamento conservativo, la terapia medica prevede l’impiego di principi attivi atti lenire i sintomi causati dallo stato infiammatorio locale ed agevolare un miglioramento del trofismo del tessuto vascolare emorroidario. La terapia medica, pur non andando a mutare la storia naturale della patologia, può avere un ruolo di prima linea nelle fasi acute della malattia emorroidaria o in previsione di un trattamento chirurgico più estremo. È consigliata nei prolassi muco emorroidari di primo e secondo grado con sintomatologia e sanguinamento modesti; talvolta, è indicata anche nel terzo grado. È, inoltre, usata con buoni risultati nelle fasi pre- e post intervento;

  • Il trattamento chirurgico può avere un approccio addominale o un approccio perineale. La scelta dell’intervento è fatta dal medico chirurgo caso per caso;
  • Trattamento medico locale: consiste nell’applicazione di gel, creme, pomate, supposte o schiume con funzione antalgica, antinfiammatoria, antiedemigena o flebotonica. In questo caso, la scelta si basa su prodotti a base di cortisonici, anestetici locali -che non possono essere utilizzati per periodi estesi- oppure su prodotti a base di attivi lenitivi, che diano sollievo immediato e idratazione. in questi casi, è particolarmente indicato usare topici con attività filmogene che riducono il contatto delle feci dure con la mucosa anale durante l’evacuazione, evitando quindi di continuare a sollecitare le mucose irritate;
  • Trattamento medico generale: si concretizza nell’utilizzo di farmaci o integratori ad azione antiedemigena, flebotonica e antinfiammatoria. Sono soprattutto prodotti a base di estratti naturali come i flebotonici (diosmina, l’esperidina e la troxerutina) e i derivati delle piante. La diosmina, l’esperidina e la troxerutina sono agenti venotonici in grado di aumentare il tono vascolare, ridurre la vasodilatazione venosa, diminuire la permeabilità capillare e facilitare il drenaggio linfatico.

Inoltre, possiedono effetti anti-infiammatori. Una recente meta-analisi sui flavonoidi per il trattamento della patologia emorroidaria (14 studi randomizzati e 1.514 pazienti) ha suggerito che i flavonoidi diminuiscono il rischio di sanguinamento del 67%, il dolore persistente del 65%, il prurito del 35% e riducono il tasso di recidiva del 47% [Gallo, et al (2020) Consensus statement of the Italian society of colorectal surgery (SICCR): management and treatment of hemorrhoidal disease Techniques in Coloproctology 24:145–164.] In particolare, la diosmina è utile per normalizzare il tono venoso e ridurre l’edema; l’esperidina per ridurre la permeabilità e la fragilità delle pareti capillari.

Il Rusco estratto dalla pianta del Ruscus, aumenta il tono dei vasi venosi, favorisce la circolazione sanguigna ed esibisce un’azione antinfiammatoria. Pertanto, risulta particolarmente utile per migliorare la funzionalità del plesso emorroidario.

La Boswellia serrata, una pianta originaria dell’India, contiene gommoresine e oleoresine, ricchi di acidi boswellici ad azione antinfiammatoria e analgesica. È stato documentato, infatti, che la Boswellia, blocca la LOX (lipossigenasi), enzimi coinvolti nella produzione di interleuchine infiammatorie, responsabili di edema e dolore. Franceschi et al.2016; Abdel-Tawab M. et al. 2011).

  • Terapia parachirurgica o ambulatoriale: prevede diverse metodiche a seconda della situazione:
  • Legatura elastica delle emorroidi – il nodo emorroidario da trattare viene legato alla base da uno speciale elastico che ne provoca lo strozzamento e, nel volgere di pochi giorni, la necrosi ed il distacco;
  • Crioterapia selettiva – si interviene sui noduli emorroidari (interni, o prolassati) isolandoli dalle mucose sane mediante una speciale legatura che ci consente di trattare solo le zone scelte, senza dover necessariamente coinvolgere la parete del retto;
  • Coagulazione a raggi infrarossi – tecnica chesfrutta i raggi infrarossi ad alta temperatura e può essere impiegata per le emorroidi di 1°, 2° e 3° grado di piccole e medie dimensioni. Attraverso il calore, il tessuto viene distrutto e sostituito da tessuto di tipo fibroso caratteristico delle cicatrici che, impedendo l’afflusso di sangue all’interno dei cuscinetti, provoca il distacco delle emorroidi dopo circa 7-10 giorni;
  • Terapia sclerosante – indicata per le emorroidi sanguinanti di 1° grado e di 2° grado e ha come obiettivo quello di fermare la perdita ematica. L’intervento consiste in una serie di iniezioni praticate nei plessi emorroidali, dette appunto iniezioni sclerosanti, a base di olio, in grado di chiudere i vasi sanguigni e l’afflusso di sangue). Questa terapia crea una piccola reazione infiammatoria di lunga durata che fissa la mucosa e fa indurire il tessuto. In circa 20-30 giorni, si ottiene il raggrinzamento dei cuscinetti emorroidali insieme alla loro conseguente diminuzione di volume. Dopo le iniezioni sclerosanti, il paziente non necessita di ricovero e può ritornare alla propria quotidianità fin da subito evitando di fare sforzi e di praticare sport agonistici per almeno due settimane in modo da non sottoporre la zona trattata a stress;
  • Legatura dell’arteria emorroidaria (metodo THD Doppler) – tecnicache non agisce direttamente sulle emorroidi, bensì sui rami dell’arteria emorroidaria superiore, individuati con una sonda doppler e legati con punti di sutura in una zona insensibile al dolore, per ridurre l’afflusso di sangue alle emorroidi stesse. Nello stesso momento si corregge il prolasso della mucosa rettale, tramite Pessia, procedura in cui la mucosa rettale viene “accartocciata” fino a donarle una forma a fisarmonica. Il procedimento viene definito dearterializzazione ed è eseguibile in regime di day-surgery;
  • Trombectomia – consiste nell’incisione del gavocciolo prolassato in anestesia locale e che favorisce l’evacuazione immediata del trombo.

3 consigli per prevenire il prolasso emorroidario: partire da un corretto stile di vita 

I mutamenti dello stile di vita comprendono tutta una serie di accorgimenti dietetico-comportamentali che hanno lo scopo di diminuire il rischio di peggioramento della malattia emorroidaria e quindi, evitare eventuali complicanze.

  • Alimentazione: prediligere le fibre per regolarizzare l’intestino. Alimenti come frutta e verdura possono aiutare a prevenire la stitichezza e favorire la regolarizzazione intestinale. L’apporto di fibre giornaliero ideale è compreso tra 20 a 35 grammi.

Si distinguono le fibre solubili dalle fibre insolubili, che apportano beneficio con meccanismi differenti: le fibre insolubili agiscono a livello intestinale, rendendo le feci più consistenti (cioè ne aumentano il volume), di conseguenza si attiva la peristalsi e viene favorita l’eliminazione. Le fibre solubili, invece, formano una massa gelatinosa che ammorbidisce il materiale fecale e rallenta i tempi di svuotamento gastrico;

  • Idratazione: almeno 2 litri al giorno d’acqua, per ammorbidire le feci e facilitare l’evacuazione;
  • Toilette training: se durante l’evacuazione si prova dolore perché lo sfintere anale fa fatica a rilassarsi (sfintere ipertonico) prima di evacuare, possono essere fatti dei semicupi, immergendo la parte in acqua calda sopra i 37 gradi, per indurre un rilassamento della zona troppo contratta. Inoltre, occorre lavare la zona con detergenti specifici per il problema, a base di molecole idratanti e lenitive. Asciugarsi, poi, molto delicatamente e senza sfregare.

Questi accorgimenti sono utili sia in prevenzione, sia come inizio di trattamento in ogni stadio della patologia emorroidaria.

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Prolasso emorroidario, quando è necessario ricorrere alla chirurgia? 

Non sempre le modifiche allo stile di vita o interventi ambulatoriali possono risolvere il problema del prolasso emorroidario. In alcuni casi quindi , diventa necessario procedere all’intervento chirurgico, che rimane l’unica alternativa nel caso in cui tutte le tecniche conservative o mininvasive non abbiano avuto successo.

Solamente un medico specialista, dopo aver visionato la condizione delle emorroidi, può decidere quale è la soluzione migliore e se sia necessario l’intervento. La visita permette di stabilire la gravità della patologia e di poter sceglie quando la chirurgia sia la strada migliore.

L’intervento chirurgico risulta la soluzione più indicata quando lo stadio della malattia emorroidaria è avanzato e il paziente lamenta dolore severo e persistente.

L’intervento chirurgico prevede diverse tecniche:

  • Prolassectomia Con Suturatrice Meccanica – rimozione del prolasso mucoso rettale. Con questa tecnica il tessuto emorroidario non viene asportato, ma viene riposizionato nella sua sede fisiologica grazie alla rimozione, per mezzo di una suturatrice meccanica (stapler) del tessuto rettale prolassato. Viene praticata cioè una cosiddetta “anopessi meccanica” (Stapled Haemorrhoidopexy). Con tale metodica si riduce anche l’apporto vascolare ai cuscinetti emorroidari.

La cura della malattia emorroidaria con stapler è diventata, negli ultimi anni, l’intervento di scelta per le emorroidi di II grado avanzato, di III e IV grado e per i prolassi della mucosa rettale. La terapia chirurgica consiste nell’effettuare un “lifting” del canale anale, mediante l’aiuto di una suturatrice meccanica, capace di asportare la mucosa rettale ed emorroidaria prolassata e ricreare un canale anale con anatomia normale.

Negli ultimi anni viene impiegata più frequentemente la tecnica Prolassectomia con suturatrice meccanica circolare ad alto volume di nuova generazione (STARR), che supera ilimiti della prolassectomia semplice con stapler. Questa metodica comporta l’utilizzo di due suturatrici per asportare due semilune di parete rettale, al posto di una, per aggirare il limite tecnico delle suturatrici meccaniche tradizionali.

Grazie alla STARR, la recidiva emorroidaria è stata ridotta proprio in quei pazienti portatori di grosso prolasso interno, destinati, in un caso su tre, a una recidiva emorroidaria dopo l’intervento con suturatrice tradizionale. Questa tecnica inoltre, riduce il sanguinamento e la possibilità di incorrere in recidive, grazie all’opportunità di asportare maggior quantità di tessuto prolassato in virtù della migliore visibilità per il chirurgo, data dalla trasparenza del dispositivo impiegato;

  • Emorroidectomia tradizionale – rimozione del tessuto emorroidario prolassato. Questa tecnica prevede diversi strumenti che utilizzano energie diverse: laser, bisturi elettrico e, più recentemente, strumenti di taglio e coagulo con tecnologia bipolare. Le ferite anali possono essere lasciate aperte e la guarigione avviene mediamente in 40 giorni; alternativamente le ferite possono essere ricucite e la cicatrizzazione avviene più rapidamente. In ogni caso, il decorso post operatorio è molto delicato, avviene in ospedale ed è accompagnato da una terapia contro il dolore e dall’accurata osservazione medica;
  • Dearterializzazione emorroidaria transanale – tecnica che prevede l’individuazione delle arterie emorroidarie mediante doppler e la loro legatura a livello della parte bassa del retto. In genere, si esegue la dearterializzazione di 5/7 arterie. In tal modo, si riduce l’afflusso di sangue alle emorroidi che, di conseguenza, si riducono. In caso di prolasso mucoemorroidario si associa a una mucoprolassectomia (riduzione del prolasso del muco). La dearterializzazione da sola comunque non garantisce la guarigione della patologia.

Fonti

  • Franceschi et al.2016; Abdel-Tawab M. et al. 2011);
  • Gallo, et al (2020) Consensus statement of the Italian society of colorectal surgery (SICCR): management and treatment of hemorrhoidal disease Techniques in Coloproctology 24:145–164.

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